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STORIA
  


 
Cepagatti è stata anticamente anche terra di pastori. Dai resti archeologici rinvenuti nelle zone circostanti, si può dedurre che, il piano di Cepagatti, ospitò anche dei villaggi primitivi, costruiti con sistemi diversi secondo vari periodi, e furono rifugio di uomini robusti e rozzi che traevano sostentamento dalla caccia, dalla pesca, dalla pastorizia e dalla coltivazione dei campi. Gli antichi cepagattesi venivano prendendo contatti con gli abitanti dei monti, che scendevano lungo il tratturo "l'erbal fiume silente" dannunziano, che era tra le strade campestri più trafficate e posto a sud-ovest in località ora Villareia di Cepagatti, zona costituita da fertili terreni a sinistra del fiume Pescara, terra, un tempo, di latifondisti di Chieti che avevano, appunto, le proprietà nelle zone pianeggianti della Valpescara. Le case sorsero in un'area piuttosto ampia, fatte di paglia, terra e frasche, spesso ricoveri di pastori nelle notti fredde verso "la marina"; poi con la riforma agraria degli Anni 1950 circa, il tratturo è stato diviso in piccoli appezzamenti, dati in concessione agli abitanti del luogo che, favoriti dall'acqua del Pescara e del Nora a poca distanza, li hanno resi fertilissimi. Testimonianze di vita associativa sono state trovate, in discariche, ai margini della Ripa, terrazza alluvionale sul Torrente Nora durante uno sbancamento del terreno nel 1981. Sono venuti alla luce vasetti di terracotta e lucerne che hanno confermato le tesi di De Nino, Radmilli, Macchia che affermarono in questi luoghi dovevano esserci insediamenti umani. La nostra zona al tempo dell'egemonia romana, era terra dei Vestini. Confermano l'origine romana di questo paese i ritrovamenti del 1970 di due grandi olle di terracotta col marchio del vasaio PANPHILUS MAGISTER posto sull'apertura, nel luogo dove sorgeva un tappeto (frantoio), edificato con sistema costruttivo romano detto opus reticulatum. Ancora, a conferma di quanto sopra, nella prima sala della torre vi sono cisterne per la raccolta dell'acqua piovana. Roma esercitò un grande fascino sui popoli Marsi, Peligní, Marrucini e Vestini, che fu permessa, da questi, il passaggio verso l'Apulia nel 325 a. C. Cepagatti fa parte da secoli della diocesi di Penne, senz'altro considerata la più antica d'Abruzzo. Fonti storiche citano una nota relativa all'anno 1309: "... nell'episcopato di Penne; Cepagatti non paga" e un'altra ancora dell'anno 1324: "In Cepagacto": s.d. ecclesia Sanctae Mariae: tarì 5; Sanctae Nicolae. Il 27 dicembre 1326 "Pietro Arcidiacono dinanzi ai venerabili signori Lanza de Cunsontis de Bonomia milite regio, capitano della città di Penne Aimona de Archino giudice e assessore, per nome e per parte della Chiesa di Penne, presenta al notalo Pasquale de Ruviello un privilegio papale (Bolla di Innocenzo 111) indirizzato al Vescovo di Penne, Oddone e al suoi successori. Nel privilegio vengono elencate le chiese sulle quali al vescovo di Penne veniva concesso protettorato e fra queste viene registrata S. Nicolaus de Cepagacto" Archiv. Arciv. Penne). Anche l'Abruzzo subì invasioni barbariche e i Longobardi soprattutto vi si fermarono. Essi nel centro meridione vi stabilirono due ducati: nella parte più a sud quello di Benevento e a nord quello di Spoleto nel quale era compreso Cepagatti, la cui gente probabilmente fu influenzata dalla durezza del loro temperamento, ma questi barbari non riuscirono a farsi amare! Furono appunto i Longobardi che costruirono il castello per tenervi una guarnigione, che doveva essere sempre pronta a combattere i briganti, a soccorrere i pellegrini, gli esuli e tutti coloro che passavano a fianco della torre o entravano dalla porta e, per proseguire, dovevano pagare un "balzello" altrimenti venivano attaccati, e pare che, dal grido che provenisse dalle mura "ci pagate" o dalla risposta "ci ha pagato", derivi l'odierno nome di Cepagatti. Questa strada ospitò i primi insediamento e le prime case, secondo fonti del volgo, sorsero su una superficie di un'ara di terra, da cui la denominazione di "Piano dell'ara" che esiste ancora oggi per la zona ad ovest del nucleo centrale abitato. Altro significato volgare è che in "Piano dell'are" - are sta per ala, voce dialettale locale, spazio aperto dove si trebbiava fuori del centro, in campagna e ci si faceva il mercato di paglia e fieno. Troviamo menzionato il nome di Cepagatti dal medioevo: Anno 1019 - Raul de Pullano (1068-9, 1103) sicut ipse dixit tenet de predicto Comite Boamundo in Penne, Possanum (Rosciano) quod est pheudurn duorum militum, et Zepagattum (Cepagatti). Anno 1061 - Già facente parte della Contea Teatina quando si staccò la contea di Manoppello, Cipagacto fu ricompresa in quest'ultima Anno 1147 -Cepagatti è menzionata nel Catalogo dei Baroni che avevano fornito militi per la seconda Crociata (1147-1149) Anno 1148 -nel catalogo dei Baroni (1148-1160) risulta che Cepagatti era infeudata al Conte di Manoppello BOAMONDO, il quale l'aveva subinfeudata, ne esiste una copia di Federico II contenuta nel registro angioino. Anno 1229 - Bernardo da Canzano ed altri, con pergamena inedita conservata nell'archivio di Stato di Siena, donano al convento di San Vito la Chiesa di San Felice di Cepagatti con atto rogato dal Notalo Eliseo di Chelti (cfr. Priori: Badie e conventi benedettini vol. Il pag. 84).
A proposito esiste ancora una leggenda su un presunto tesoro che si conservava in questa chiesa, esso consisteva in una chioccia con sette pulcini d'oro che accendeva il desiderio della gente. Ma Satana non avrebbe permesso a nessuno di possederlo, facendo sprofondare la chiesa. Anche ora i contadini dissodando il terreno, localizzato tra l'attuale Cimitero e la frazione di Vallemare, trovano monete, mattoni, reperti che si presume siano della Chiesa di cui parla ancora il volgo con espressioni: "Ti rricchiti, chi truvate lu tesore di Santaflice?". Anno 1318 - Tommaso? o D? di Collepietro e la moglie Tommasa di Scorrano vendettero il Castello di Cepagatti a TROFIMO DI GRIPPOTO.
Continue contese dinastiche normanne, angioine ed aragonesi tormentarono la storia di questo periodo. Dal diploma regio, con firma della regina Isabella D'Angiò in possesso degli eredi Valignani di Chieti, si apprende che nel secolo XIV, Signore del Castello di Cepagatti e feudatario, fu Benedetto Profeta della città di Teate, che ebbe una figlia di nome Antonia sposa del "nobilis vir" Filippo di Mondo Valignani di discendenza normanna. Morta Giovanna II (12 febbraio 1435) che aveva adottato prima Alfonso D'Aragona, poi Luigi D'Angiò, poiché quest'ultimo aveva preceduto nella tomba la madre adottiva il 15 novembre 1434, a Luigi subentrò nei diritti subreame il fratello Renato D'Angiò, che, però, si trovava prigioniero del duca di Borgogna, ma Renato, forte dei suoi molti sostenitori contrari agli Aragonesi, nominò sua vicaria la moglie ISABELLA DI VAUDUMONT, con lettera da Digione del 4 giugno 1435, che giunse a Napoli in ottobre. A lei si rivolse Antonia per sollecitare l'investitura, avendola già chiesto Benedetto Profeta prima della sua morte. Il feudo era ricaduto alla Regia Corte di Napoli, perché essendo erede femmina Antonia, alla dipartita del padre, per legge non poteva ereditarlo. Ella ottenne in via del tutto eccezionale l'investitura, per diritto secondo giure franco, come attesta quanto scritto nel:
Antonia morta senza figli, istituì erede Filippo (che nel 1444 risultava morto) (come citato nel diploma su scritto) o Giovanni Valignani? AGiovanni furono affidati in eredità tutti i beni e precisamente quelli nella terra di Cugnoli etc... e nel feudo di Cepagatti. Difatti Antonia sposò Filippo in prime nozze, poi alla morte di questi, si risposò con Giovanni figlio di Domenico, fratello di Filippo. Con il ritomo al trono di Alfonso il Magnifico degli Aragonesi di Spagna nel 1458, a Giovanni di Valignano fu donato e concesso quanto gli era stato donato dalla moglie, nonostante che questa non avesse alcun diritto... La concessione fu fatta in feudo per once 20 Anno 1450 - Il Biondo chiamò questo Castello CAPOGATTO e lo descrisse alla destra del fiume Nora, dal quale per altro è a sinistra e a qualche chilometro. Anno 1550 -Fu seguito dall'Alberti con istorpiamento maggiore se denominò CASTELLO GAMBANZONO.
Queste note di ricerca non ci devono distogliere dal continuare a parlare della presenza a Cepagatti dei nobili Valignani che, sotto gli Aragonesi, vide signore del luogo GIOVANNI secondo marito di Antonia Profeta, vedova di Filippo, poi il feudo passò (secondo il duca Arnaldo Valignani) A CESARE poi a PROFETA indi GIULIO piú tardi a GIOVANNI BATTISTA forse nel periodo in cui Giovanna d'Aragona nel 1514, venne in visita al suoi possedimenti in Abruzzo e nacque la leggenda che, passando per Pianella, la Regina avesse smarrito la sua scarpa (pianella) e da questo episodio il nome attuale di Pianella. Da Giovanni Battista, che possiamo affermare con certezza padre del Gesuita Alessandro, il feudo passò ad ASCANIO Valignani, morto verso il 1586, e poi il figlio GEROLAMO, che diboscarono la zona, concedendo i terreni, fecondando il diritto di proprietà. In seguito il feudo pervenne ad OTTAVIO VALIGNANI. Anno 1648 - L'Università di Cepagatti cioè il Comune fu istituito ne 1648 (cfr. STRAFFORELLO: La Patria - Geografia dell'Italia. U.T.E.T. 1899). Anno 1612 - Castel Cepagatti fu segnato sotto la rubrica di TERRAE NOVITER NUMERATAE nel libro di conto d'Abruzzo. E' di questo periodo la leggenda che narra una epidemia di peste nel contado. I pianellesi, sempre campanilisticamente rivali dei cepagattesi, invidiosi che Cepagatti fosse rimasta esente dal terribile morbo volevano, con la loro presenza contagiare il paese. Ma San Rocco, il Santo protettore, sotto le mentite spoglie di vecchio, impedì l'ingresso di questi appestati di Pianella, facendosi trovare a guardia del ponticello che divide il territorio pianellese dalla nostra contrada Rapattoni Superiore. Anno 1632 - Divenne Marchese di Cepagatti Alessandro Valignani, e si pensa che sia stato questi a dare il nome ALEX alla nostra Torre, divenuta simbolo del paese.
Dal marchese Alessandro il feudo passò a GIACOMO poi a FEDERICO che nacque a Cepagatti nel 1699 e morì a Torrevecchia Teatina nel 1754, nel suo castello, fattosi costruire, in piccolo, sul modello della villa d'Este di Tivoli, usandola come residenza estiva, nell'anno 1743 così dalla lapide qui trascritta: Tradotta: Il Signore Federico Valignano Patrizio Romano Teatino Marchese di Cepagatti Signore di Torrevecchia e di Casanova dal progenitore Drogone dei Conti Loritelli Normanni dei Castelli Valignani XXI governatore Questo edificio ha costruito ed ornato di frutteti e giardini nonostante l'opposizione di tutti eresse questo trofeo alla Divina Provvidenza nel 1743 Due sono le tesi e le tradizioni circa l'origine della famiglia Valignani - avallate dalla lapide citata, fatta apporre nonostante l'opposizione, da Federico, uomo di cultura facente parte, come poeta, dell'Arcadia, con lo pseudominio NIVALGO ALIARTEO - Egli cita DROGONE detto TASCIONE che morì a Pescara il 9 agosto 1095, come suo antenato, il quale, lottando contro il vescovo feudatario TRASMONDO (1076), della diocesi di Chieti, lo vinse insieme al fratello Roberto di Loritello della Contea di Larino e si divisero i terreni, che il vescovo aveva dovuto cedere per pagarsi il riscatto da prigioniero, unita all"ncredibile somma di 10.000 bisanti spogliando chiese e monasteri, tra cui quello ricchissimo di San Giovanni in Venere. A Drogone toccò il dominio dal torrente Venna sotto Tollo, fino al fiume Pescara, al fratello Conte di Loritello dal Venna di Tollo fino oltre Lanciano. Col passare del tempo Drogone estese i suoi possedimenti oltre il Pescara con l'aiuto anche di UGO MALMOZZEITO fino a comprendervi alcuni paesi della provincia di Teramo oltre il Pescara, ossia... Cepagatti! Egli fece di questo paese il centro dei suoi possedimenti nell'Abruzzo ulteriore, premessa alla costruzione del Castello di Cepagatti. Dai normanni, il regno passò agli Angioini, poi agli Aragonesi e i contadini analfabeti si convinsero che i WALLENGHRUNTH fossero i veri proprietari di tanti ettari di terra, da cui riscuotevano il denaro, e questi signori non facevano nulla per far credere il contrario. Con la caduta degli Aragonesi e l'avvento dei Borboni nel regno di Napoli, i WALLENGHRUNTH stando al gioco politico italianizzarono il cognome in Valignani, divenendo proprietari. i il riscatto da prigioniero, unita Il grande feudo dei Valignani fu diviso in tre parti: DUCATO DI VACRI, BARONATO DI MIGLIANICO, MARCHESATO DI CEPAGATTI. Nel 1740 Carlo III emetteva ordine di creare un catasto del Reame e il feudatario chiedeva che "... non si procedesse per Cepagatti a tale Catasto, mentre la possessione venuta da Longobardi si sarebbe reputata burgensatica e cioè feudale, sarebbe apparso proprietà de' particolare ed accatastata come tale". La data 1740 la lapide, posta nell'atrio del Castello di Cepagatti, in cui si legge che ci fu un restauro, forse in occasione delle nozze di una delle figlie di FEDERICO VALIGNANI, Anna Ninfa, che si univa in matrimonio al Duca di Ventignano Don Cesare Monticelli Della Valle. Federico ebbe un'altra figlia di nome Olimpia che, forse, sposò un Conte Longarini Fieramosca e non ebbe figli secondo il prof. Stella, la 3 figlia di nome Giovanna sarebbe andata sposa al Duca Michele Bassi di Alanno Federico fu patriota, ma soprattutto un fecondo scrittore anche se con i caratteri enfatici degli Arcadi. L'ottocento si trasformò in un centro di assistenza per l'agricoltura, il commercio e l'artigianato (l'embrione della futura Camera di Commercio). Le caratteristiche somatiche dei Valignani sono i capelli biondi, il colorito roseo, occhi azzurri, corporatura alta, come si riscontrano in molte famiglie palermitane eredi dei normanni e in molti degli attuali Valignani. I Della Valle, col matrimonio di Anna Ninfa Valignani, furono i feudatari del Castello quando il 20 ottobre 1824 approvato da un "rescritto" il Marchese cedeva al Comune 200 tomoli di terreno e il 25 giugno 1831 si componeva la lotta tra il Comune e il feudatario con la stipulazione dell'istrumento. Piú tardi il 29 agosto 1848 vari cepagattesi, ricorsero al potere Giudiziario per pagare al Barone non più il tomolo di grano per tomolo di terra, ma il decimo del grano. L'ottocento fu ricco di avvenimenti che risentirono dei gravi problemi che attanagliavano tutto il meridione: il banditismo e il desiderio di scrollarsi di dosso il giogo borbonico con i grandi ideali di libertà. Uomini facinorosi di Cepagatti e di luoghi vicini seminavano confusione e paura: Nel 1807 nel mese di settembe ed ottobre viene svaligiato il "procaccio" di Chieti a Cepagatti, - dove vi si recano a piú riprese delle comitive armate che commettono violenze e saccheggiano le case. AVallemare, il 9 settembre e il 10 ottobre 1807, da una banda di briganti di Villa Badessa, viene assalita e saccheggiata due volte la casa del Parroco don Pasquale Mancini. Il 13 gennaio 1809 Sabatino Cedoliere, il 28 marzo 1809 Nicola di Giovanni vengono afforcati. Nel 1830 ci fu una grande morìa di bambini da pochi mesi a otto dieci anni, quattro cinque al giorno... una epidemia di... colera? Dal 1814 al 1841 si destarono, nei cepagattesi, ideali di libertà in una società dove si respirava servilismo e violenze. Anche il nostro concittadino il letterato sacerdote Raffaele D'Ortenzio, subisce nel 1849 la reazione borbonica, per saperlo in possesso di una corrispondenza liberale". In seguito alla disfatta di Novara, la persecuzione contro i patrioti si fece spietata. Al D'Ortenzio fu proibito di salire il pulpito, con l'obbligo di risiedere a Cepagatti, con gravi ripercussione psicologiche per Don Raffaele che era anche docente. Il 17 ottobre 1860, avviati verso ideali di libertà, di uguaglianza ma soprattutto di vedere l'Italia unita ormai realizzata con l'eroismo di molti, anche i cepagattesi salutarono esultanti il re Vittorio Emanuele Il che passava a Castellamare e il giorno dopo a Chieti, diretto a Napoli. Il 5 gennaio 1863 si portarono in massa ad applaudire Don Raffaele D'Ortenzio, che teneva il discorso commemorativo, presente Vittorio Emanuele II che inaugurava la ferrovia "da Ancona a Pescara". Dal paese partirono per divenire Eroi ed emigrati: furono in guerra e all'estero per lavoro. Nella prima guerra mondiale e nella guerra d'Etiopia, quella Civile Spagnola, ed anche nell'ultima del 40-45, in altri continenti sempre si distinsero! Nella prima guerra mondiale morì ventiquattrenne Nicola Marcantonio padre del dottor Camillo che, con gli zii, aveva acquistato nel 1907-9 il castello dai Della Valle e di cui ne sono gli attuali proprietari. Nel 1911 un certo Cavalier Alisi mise a Cepagatti un magazzino dove si lavorava il tabacco che fu riscattato, alla morte del Cavaliere, dai Sabucchi che iniziarono qui la coltura dei tabacchi Kentuky -, primi insediamenti di un'era che vede Cepagatti in grande espansione operativa nel commercio, nell'industria e nell'agricoltura.



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